L’Isola era apparsa all’improvviso, molti anni fa, nel mare di Bonassola. Era un oggetto curioso: emersa un mattino senza avvertimento alcuno, si era collocata proprio al centro dello spazio raccolto tra le due braccia frondose dei promontori. L’evento sarebbe già stato straordinario, se avesse portato solo i segni di una qualche rivoluzione geologica… Ma appariva ancora più straordinario: tutto era avvenuto con grande facilità e quel fazzolettino di terra era saltato fuori dall’acqua bello asciutto, con il suo ciuffetto di pitosfori, un piccolo pontile per le barche e, soprattutto, una minuscola redazione pronta a funzionare. Era la redazione della “Lente”.
Per molti anni l’isolotto era rimasto lì e i Bonassolesi avevano imparato ad apprezzarlo: qualcuno lo guardava dalla riva, altri lo frequentavano per il piacere di incontrarsi con amici e guardare insieme le case e gli uliveti sulla costa, altri ancora ne facevano la meta di qualche sfida di nuoto estiva (un motivo per quattro salutari bracciate oltre le bandierine). La redazione intanto raccoglieva e sfornava idee e pagine scritte, che godevano di un certo successo in paese e anche oltre i confini del golfo.
Un giorno però, così come era apparso, l’isolotto scomparve silenziosamente: risucchiato dalle acque? inghiottito dalla nebbia? Gli scienziati dissero che poteva essere il capriccio di un’isola vulcanica… Sul mare restarono a galleggiare solo una manciata di fogli sparsi, qualche rametto di pitosforo, due matite e un grembiule nero, forse quello del tipografo. La sparizione suscitò una certa tristezza fra quanti si erano affezionati all’isolotto, ma in fondo c’erano tante altre cose da pensare: anche chi era abituato ad approdare, magari con qualche appunto nelle tasche da proporre alla redazione, comprese che quella storia era finita. Persino il tecnico delle rotative legò la barchetta alla boa e andò a cercare lavoro in città.
Però, forse, qualcosa della vitalità dell’isolotto covava sotto le onde… lo spirito della “Lente” non era del tutto morto. Accadeva negli ultimi tempi sempre più di frequente che qualcuno tornasse dalla spiaggia o dai sentieri in collina dicendo che aveva visto segni strani: un ribollimento dell’acqua, magari, oppure della schiuma, o qualche bagliore di luce, proprio lì dove tutti si ricordavano l’isola. I lettori e i collaboratori riprendevano in mano i vecchi fogli del “giornale” che veniva prodotto da quella minuscola redazione e venivano presi da una sottile nostalgia; qualcuno ricominciava a scrivere e a mettere da parte qualche scarabocchio, pensando che, prima o poi, avrebbe potuto trovare di nuovo asilo su qualche pagina…
Fu così che il giovane apprendista della redazione cominciò a dire quello che aveva sempre pensato: l’isola non era affatto sparita, ma semplicemente la gente non la vedeva più. Gli venne un’idea fulminante e urgente; saltò sulla sua lancetta e si mise a remare vigorosamente, fiducioso, andando a memoria sulle sue abitudini di un tempo, con le spalle all’orizzonte. Dopo pochi minuti era sul posto giusto e si voltò trepidante: l’isola era lì, quasi intatta.
Era deserta, infestata di erbacce. L’orto del custode era seccato dal sole, ma il ciuffetto di pitosfori era proprio lui, bello verde. Legò la barca e mise piede a terra, poi guardò la piccola costruzione: sul muro era ancora appesa l’insegna “Redazione”, la porta aveva qualche vetro rotto, una finestra sbatteva e c’era un po’ di fango sui gradini d’ingresso. Entrò. La luce del sole faceva brillare la polvere sui tavoli e le ragnatele sulle macchine, ma tutto sembrava ancora abbastanza in ordine. Sulla sedia vicino alla finestra c’erano ancora molti peli del gatto della redazione… Sulla scrivania del proto vide uno strano, vecchio appunto, sottolineato in rosso: “TACCUINO si scrive con due C!!!” e gli venne in mente un buffo episodio della passata vita di redazione. Su tutti questi ricordi si stendeva il solito, acre profumo d’inchiostro.
Forse sarebbe stato possibile rimettere tutto in funzione?
Sul tavolo c’erano un paio di matrici degli ultimi numeri della “Lente”, mentre in fondo alla stanza riconobbe il grosso armadio dell’archivio e aprì la prima anta: un blocco di carte rovinò scompostamente al suolo e il panorama interno rivelò subito un potente disordine. La mano sfiorò le raccolte e i fascicoli sparsi, gli Almanacchi, gli appunti, i dischetti dei computer che non si usano più da moltissimo tempo… Cominciò a leggere i primi numeri, poi quelli degli anni successivi, prendendoli a caso nel mucchio, e riconobbe molte firme, ritrovò ricette e disegni, ricordò persone, fatti, emozioni. Gli sembrò che quel materiale fosse ancora divertente, che raccontasse una grande storia collettiva. Gli sembrò roba importante, insomma, da non perdere. Così cominciò a pensare di metterlo in ordine e di restituirlo ai lettori, magari con mezzi più nuovi… e poi di vedere se poteva ripulire la redazione e rimetterla in moto.
Una cosa però gli rimaneva ancora da controllare.
Salì le scale di corsa, fino alla terrazza sul tetto, e si arrestò ansimante: stava davanti alla sagoma della grande lente. Il macchinario sembrava ancora utilizzabile; sarà stata da regolare e da lubrificare, forse, ma il cristallo era intero. Riuscì ad alzarla e a orientarla, malgrado qualche cigolio… Quante volte si erano riuniti lassù tutti insieme per guardare Bonassola in cerca di particolari da raccontare! E qualche notte avevano persino puntato le stelle, con quello strumento stravagante!
Passò uno straccio sulla superficie trasparente e girò la lente verso la costa: case, boschi, qualcosa di nuovo, qualcosa di meno, qualcosa di cambiato… biciclette!
Poi mise a fuoco un’immagine sorprendente: una signora, sulla riva del mare, stava sventolando un fazzoletto e salutava. Ma in mare non c’erano barche, né bagnanti (era inverno, perbacco!). Chi salutava la signora?
Spostò di poco lo strumento e vide un giovanotto che indicava a una ragazza un punto verso l’orizzonte, ma il dito non andava poi così lontano: il suo gesto sembrava fermarsi proprio lì, sul ciuffetto di pitosfori… Poco più in là un gruppetto si parava gli occhi dal sole e gesticolava guardando il mare, mentre un bambino stava facendo una fotografia verso il centro del golfo. “Ma allora mi vedono! Vedono l’Isola!” esclamò l’apprendista tutto emozionato. Poco dopo squillò anche il telefono della redazione…
Ecco, la storia è questa. Il nostro eroe è ancora lì che mette ordine nel materiale della “Lente”, ma questo sito è già vivo e collega tutto il mondo con l’Isola dei pitosfori…
Tiz